
Come funziona una comunità energetica

Vediamo innanzitutto come creare una comunità energetica. Il primo passo da compiere è la costituzione di un’entità legale tra i futuri soci della comunità, siano essi persone fisiche, piccole o medie imprese, enti territoriali o amministrazioni pubbliche locali.
Dal momento che, per legge, lo scopo di una comunità energetica non può essere il profitto, le forme più comunemente utilizzate per ragioni di praticità e convenienza sono quelle dell’associazione riconosciuta o della cooperativa. Il passo successivo consiste nell’individuare l’area dove installare l’impianto (o gli impianti) di produzione, che dev’essere in prossimità dei consumatori.
Questo significa, per esempio, che una PMI oppure una Pubblica Amministrazione possono installare un impianto fotovoltaico, rispettivamente sul proprio stabilimento produttivo o scuola, e condividere l’energia prodotta e immessa in rete con i cittadini del Comune che hanno deciso di far parte della comunità.
Allo stesso modo si possono costituire comunità di quartiere, comunità agricole, comunità di borgo e così via. L’impianto non deve necessariamente essere di proprietà della comunità: può essere messo a disposizione da uno solo o più dei membri partecipanti o addirittura da un soggetto terzo.

Come ripartire fra i membri i ricavi derivanti dall’energia prodotta attiene alle regole di funzionamento della comunità energetica, che ciascuna comunità stabilisce liberamente attraverso un contratto di diritto privato. Per esempio si può decidere di ripartire i guadagni della vendita dell’energia in eccesso in modo uguale fra tutti i soci ma di privilegiare, nella suddivisione degli incentivi, quanti si sono adoperati affinché i propri consumi fossero contemporanei alla produzione di energia o addirittura premiare quei soggetti che hanno messo a disposizione i propri impianti per il beneficio comune.
Da un punto di vista pratico, ogni membro della comunità continua a pagare per intero la bolletta al proprio fornitore di energia elettrica, ma riceve periodicamente dalla comunità un importo per la condivisione dei benefici garantiti alla comunità. Tale compenso, non essendo tassato, equivale di fatto a una riduzione della bolletta.
Comunità energetiche: vantaggi e benefici
Le comunità energetiche hanno numerosi impatti positivi su persone, enti e comunità coinvolte:
- Benefici economici. Grazie ai meccanismi di incentivazione derivanti dall’energia prodotta e utilizzata, la comunità è in grado di produrre un “reddito energetico” da redistribuire.
- Benefici ambientali. Da un lato si evita di produrre energia da fonti fossili liberando CO2, dall’altro di dissipare energia in perdite di rete.
- Benefici sociali. Si stimola l’aggregazione sociale sul territorio e si educano i cittadini a una cultura rivolta alla sostenibilità urbana, coinvolgendo tutte le fasce della popolazione.

Normativa sulle comunità energetiche: cosa prevede?
La normativa italiana recepisce le raccomandazioni sulle comunità energetiche rinnovabili contenute all’interno della più ampia Direttiva Europea n. 2001 dell’11 dicembre 2018 (“Renewable Energy Directive Recast”), detta anche RED II, in materia di sostenibilità energetica.
Le energy community in Europa: la Direttiva RED II
La Direttiva Europea RED II prevede tra le varie norme anche il sostegno finanziario alla produzione e all’autoconsumo di energia elettrica da fonti rinnovabili. Solo attraverso il ricorso alle Fonti Energetiche Rinnovabili (FER) è infatti possibile realizzare un mercato dell’energia equo e sostenibile, che apporti all’umanità benefici ambientali, sociali, sanitari ed economici. In quest’ottica le energy community costituiscono uno stimolo alla produzione di energia rinnovabile e un’opportunità di risparmio per i consumatori che vi aderiscono. La Direttiva prevede pertanto che vengano riconosciuti ai cittadini europei una serie di diritti affinché possano costituire e aderire a una comunità energetica.
Le comunità energetiche in Italia: il Decreto Milleproroghe
Attualmente, la normativa italiana sulle comunità energetiche rinnovabili consiste nell’articolo 42-bis del Decreto Milleproroghe 162/2019 (convertito con la Legge n. 8/2020 del 28 febbraio 2020), nei relativi provvedimenti attuativi (la delibera 318/2020/R/eel dell’ARERA e il DM 16 settembre 2020 del MiSE) e nel D.Lgs. 199/2021, che dà attuazione alla Direttiva Europea RED II sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. In sintesi, le comunità energetiche rinnovabili sono un soggetto giuridico che:
- Si basa sulla partecipazione aperta e volontaria.
- È costituito da persone fisiche, PMI, enti locali, comprese le amministrazioni comunali.
- Ha come obiettivo principale quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera.
Inoltre i soggetti associati mantengono i loro diritti di cliente finale, compreso quello di scegliere il proprio fornitore di energia elettrica sul libero mercato, e possono uscire dalla comunità quando lo desiderano. La legge non fa invece specifico riferimento alla tecnologia rinnovabile da adottare, ma quella che si presta a sfruttare meglio i vantaggi del provvedimento è senza dubbio il fotovoltaico.
Quanto al dimensionamento, all’allacciamento e all’età degli impianti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili, il D.Lgs. 199/2021 ha recentemente reso meno stringenti i requisiti, stabilendo che possano avere una potenza complessiva fino a 1 MW ed essere connessi alla rete elettrica attraverso la stessa cabina primaria – corrispondente territorialmente a circa 3-4 Comuni oppure 2-3 quartieri di una grande città – su cui insistono gli iscritti alla comunità. Inoltre possono aderire alla comunità energetica anche impianti a fonti rinnovabili già esistenti alla data di entrata in vigore del D.Lgs., purché in misura non superiore al 30% della potenza complessiva che fa capo alla comunità. Si è ora in attesa dei relativi provvedimenti attuativi.
Oltre al meccanismo di incentivazione e alla restituzione tariffaria, previsti dal DL 162/2019 e aggiornati periodicamente, tutta l’energia immessa in rete viene valorizzata al prezzo di mercato, per cui gli iscritti a una comunità energetica ottengono complessivamente un beneficio economico sostanzioso, con un ritorno dell’investimento stimato in pochi anni.
Al fine di premiare la condivisione dell’energia nell’ambito di configurazioni di autoconsumo multiplo, quali le comunità energetiche, entro la fine del 2022 il meccanismo dello scambio sul posto sarà soppresso per i nuovi impianti al di fuori delle comunità, mentre dal 1° gennaio 2025 lo sarà anche per gli impianti già in esercizio.
Le comunità energetiche in Italia
Secondo il rapporto Comunità rinnovabili 2021 di Legambiente, in Italia sono attive o in corso di attivazione sulla base dell’attuale normativa 20 comunità energetiche rinnovabili, distribuite un po’ su tutto il territorio nazionale, mentre altre 7 sono in progetto. Gli impianti di autoproduzione risultano essere per lo più di taglia compresa tra i 20 e i 60 kW, ma con significative eccezioni.
Le comunità energetiche esistenti vedono coinvolti Comuni, famiglie, imprese private, enti pubblici, cooperative e anche aziende agricole, come nel caso della prima comunità energetica agricola costituita a Ragusa con il supporto di Enel X. Per il futuro è attesa una crescita esponenziale del loro numero. Uno studio del Politecnico di Milano (Electricity Market Report) stima che entro il 2025 le energy community italiane saranno circa 40mila e coinvolgeranno circa 1,2 milioni di famiglie, 200mila uffici e 10mila PMI.
Proprio per favorire la diffusione delle comunità energetiche nel Paese, Enel X ha recentemente firmato un protocollo di intesa con la Fondazione Patrimonio Comune dell’ANCI. La partnership, della durata di due anni, ha lo scopo di fornire sostegno ai Comuni con l’obiettivo di coinvolgere stakeholders e cittadini in corsi di formazione specifici. I primi risultati si stanno già vedendo con la costituzione della Comunità Energetica Rinnovabile “intercomunale” di Blufi (PA), che riguarderà anche altri 5 Comuni delle Madonie, e della Comunità Energetica Rinnovabile e Solidale di Messina, che coinvolgerà soggetti pubblici e privati in un intervento di contrasto alla povertà energetica.
Le comunità energetiche in Europa e nel mondo
Le comunità energetiche rinnovabili sono una realtà ormai diffusa in molti Paesi del Nord Europa. Tra i migliori esempi c’è il Bioenergy Village di Jühnde, in Germania. A partire dal 2004 la comunità si è dotata di un impianto di cogenerazione a biogas da 700 kW e di una caldaia a cippato da 550 kW, con i quali genera il 70% del calore e il doppio dell’energia elettrica di cui abbisogna. Secondo la guida ENEA alle comunità energetiche, per il 2050 si stima che 264 milioni di cittadini dell’Unione Europea si uniranno al mercato dell’energia come prosumer, generando fino al 45% dell’elettricità rinnovabile complessiva.
Tra le comunità energetiche esistenti nel mondo, due esempi emblematici sono:
- Grupo Creluz, Rio Grande do Sul (Brasile): creato nel 1999, il gruppo è arrivato a possedere e gestire 6 impianti idroelettrici, rifornendo di energia i 20.000 soci residenti nella zona.
- BMG - The Brooklyn Microgrid, New York (Usa): fondata in tempi recenti (2016), consiste in una rete energetica comunale in cui i cittadini di Brooklyn possono acquistare e vendere attraverso un’App energia rinnovabile generata localmente.
Le origini delle comunità energetiche
Anche se da un punto di vista giuridico la nascita delle comunità energetiche è recentissima, in Italia i primi prototipi risalgono addirittura a fine Ottocento. Si tratta spesso di cooperative sorte in località di montagna per garantirsi, attraverso la produzione locale, il necessario approvvigionamento energetico. La prima comunità energetica in assoluto si può considerare la SEM - Società Elettrica in Morbegno, fondata in Valtellina nel 1897. Ancora oggi la società cooperativa produce energia elettrica attraverso otto impianti idroelettrici della potenza installata di 11 MW e rifornisce 13.000 utenti. Altri esempi di comunità energetiche rinnovabili ante litteram sono la Cooperativa Elettrica Alto But, costituita in Friuli nel 1911, la Società Elettrica Santa Maddalena, sorta nel 1921 per promuovere lo sviluppo sostenibile della Val di Funes, in Alto Adige, l’Azienda Energetica Prato Società Cooperativa, fondata nel 1926 in Val Venosta, sempre in Alto Adige, e la CEG - Società Cooperativa Elettrica Gignod di Saint-Christophe, in Valle d’Aosta, nata nel 1927.
A parte questi esempi virtuosi di antesignani, in Europa il vero sviluppo delle energy community ha avuto inizio negli Anni 70, con l’installazione in Danimarca di alcuni impianti eolici da parte di cooperative di cittadini interessati a promuovere le energie rinnovabili, per poi diffondersi negli Anni 80 anche in Germania e Belgio. Negli anni Duemila, infine, a dare nuovo slancio alle REC (Renewable Energy Community) sono arrivate la liberalizzazione del mercato energetico e l’impetuosa innovazione tecnologica.
Il ruolo di Enel X nelle comunità energetiche
Enel X, che ha da sempre l’obiettivo di accelerare l’innovazione e guidare la transizione energetica, si pone come importante acceleratore del processo di diffusione delle comunità energetiche rinnovabili.
Possiamo offrire ai soggetti interessati le soluzioni e i servizi per dar vita e far crescere in modo virtuoso la comunità energetica: dalla realizzazione degli impianti fotovoltaici alla creazione e gestione tecnico/economica della comunità stessa, dal monitoraggio dello stato di servizio della comunità agli stimoli all’elettrificazione dei consumi attraverso tecnologie efficienti (pompe di calore, piani cottura a induzione ecc.) e piattaforme digitali. Per rendere ogni comunità energetica un vero e proprio ecosistema efficiente e sostenibile.